Il volto del pastore nella comunità cristiana
Di Omar Valsecchi
Domenica 22 settembre 2013 durante la celebrazione della tradizionale GIORNATA DELLA COMUNITÀ di inizio anno abbiamo dato il nostro saluto di benvenuto a DON OMAR che inizia con noi il cammino di quest’anno. Qui di seguito:
- Una riflessione di Don Omar in proposito
- Una raccolta di pensieri che sono stati formulati da molti di noi sul tema del “pastore”.
- Le parole di Carmen che accompagnavano i piccoli e simbolici doni offerti .
Nella nostra singola storia personale e nelle relazioni che la abitano, ci sono giorni che assumono i tratti della unicità e simbolicamente rappresentano l’incarnarsi di attese, svolte, cambiamenti. Per me e credo anche per tutta la (ormai sento di poter davvero affermare: nostra) comunità di San Fermo, Domenica 22 settembre è stata sicuramente una di queste tappe singolari e cariche di senso. Oltre ad avere vissuto la giornata della comunità che ha visto le presenze e i preziosi contributi (sui quali non mi dilungo, non essendo l’oggetto di questo articolo) di Elena Bartolini e don Giacomo Facchinetti attorno alla tematica “fate questo in memoria di me”; nel pomeriggio – a compimento di quelle ore trascorse insieme – mi avete consegnato l’abbraccio caldo e umanamente avvolgente della vostra accoglienza. Sappiamo che la nostra vita ha bisogno di segni capaci di rimandarci all’orizzonte di senso che essa custodisce e di cui spesso fatichiamo a prendere consapevolezza. Quel pomeriggio rappresenta un segno evidente, luminoso ed efficace del cammino che da due mesi sto intraprendendo con voi.
Vorrei anzitutto comunicarvi, senza alcuna patina di retorica o convenzionalità, la mia gratitudine sincera per la semplicità e la cura con cui avete preparato quel momento e per l’intensità con cui l’abbiamo vissuto. Ricordo le note musicali dei ragazzi che hanno trasmesso tenerezza , armonia e amicizia; la consegna di alcuni libretti sintetici della vita di preghiera, di ricerca e di fede della comunità; i simboli del cesto, della bandiera della pace, del grembiule, della pianta di melograno e della lampada. Ma soprattutto ricordo (nel significato letterale e autentico di questa azione interiore, ovvero: riporto al cuore) con intima gioia i vostri volti, le vostre carezze, i vostri sorrisi e abbracci: tangibili segni di una umanità bella da custodire, coltivare e amare!
E in mezzo a tutto ciò c’è stato il regalo impegnativo di molte parole attorno al volto che secondo voi è chiamato a incarnare la presenza del pastore in una comunità cristiana. Ho scritto: “regalo impegnativo”, proprio così, perché queste parole sono sicuramente un dono in quanto gratuite e inaspettate ma rappresentano anche un impegno deciso, una responsabilità diretta e non facile da sostenere! Le attese nei confronti della mia piccola persona sono sinceramente tante e grandi (avrete modo anche voi di constatarlo tra poco…), confido quindi anzitutto nella presenza consolatrice e rigenerante dello Spirito, oltre che nella vostra necessaria pazienza e nella misericordia che siamo chiamati a donarci reciprocamente nei confronti delle nostre debolezze e inadeguatezze.
E siccome il senso del dono sta proprio nella sua possibilità di essere condiviso, ecco che queste parole riportate su tanti fogli fissati su un grande cartellone ho pensato di riportarle qui. Dando in questo modo la possibilità a tutti di leggerle, di meditarle e conservarle. Ho cercato di rimanere il più fedele possibile a quanto avete scritto, spero che l’elenco non risulti troppo monotono nella fase di lettura complessiva, se ci sono delle ripetizioni…sono volute in quanto parecchi tratti (simili, affini ma mai identici) di questo volto del pastore tornano frequentemente nelle vostre narrazioni: segno di una visone condivisa e comune di questa presenza nella e per la comunità.
Prima di lasciare lo spazio della scrittura e della lettura a questi testi, desidero esprimere un particolare ringraziamento ad Aldo e Biagio perché quello che emerge dalle righe che ora leggerete è senza dubbio frutto della autenticità e della fedeltà con cui essi stanno accompagnando questa comunità da più di quarant’anni! L’immagine del pastore che voi offrite è senza dubbio frutto di un ideale, di un sogno che nutrite ma non sarebbe stato possibile pensarla in questi termini, con queste aspirazioni tanto alte, senza la storia umana concreta di chi queste dimensioni ha saputo già incarnarle nel tempo con dedizione, costanza e passione. Ed ora, finalmente, spazio ai vostri respiri scritti…
Una raccolta di pensieri che sono stati formulati da molti di noi sul tema del “pastore”.
Il pastore di una comunità cristiana per me è:Una finestra sul regno di Dio. Custode del gregge; insegna le cose di Dio; nutre i sogni; ascolta la storia delle donne e degli uomini.
Mi aiuta a meditare; conosce il mio nome; sa ascoltare e condividere; generoso nelle parole; è umano, umile, modesto, intelligente, saggio, sensibile, attento, mai fanatico. Ama la vita, aiuta a capire la morte. Parla apertamente aprendo il cuore alla Parola.
Mi aiuta a trovare il Signore e stare sempre più nella storia delle donne e degli uomini del nostro tempo. Crea un tessuto di relazioni e aiuto reciproco. Ha pazienza.
Colui che indica il sentiero ma segue anche quello indicato dal gregge. Un credente credibile e un fratello maggiore nella fede in momenti di gioia e di dolore.
Sa camminare con… e sa far camminare la comunità nella fede e nella speranza, attraverso la preghiera comune, l’eucaristia condivisa e la condivisone di stili di vita secondo la parola buona del Vangelo. Conduce il gregge con l’aiuto responsabile delle pecore. Lascia le 99 per cercare la pecora smarrita e lavora per una comunità feconda e non sterile.
Unisce cielo e terra, crede anzitutto nell’uomo, nelle sue risorse e non smette di lottare per migliorare questo mondo. Persegue a lottare con le armi della parola, della poesia, della coerenza, della pace contro un sistema che produce violenza, sfruttamento e che ostenta volgarità ed ignoranza.
“Nella chiesa non si tratta di religione ma dell’immagine di Gesù Cristo che deve prendere forma in una moltitudine di uomini” (Bonhoeffer). Uomo che porge la mano e che tutti possono afferrare per camminare liberi e salvarsi.
Punto di riferimento delle persone nella comunità, le conosce una ad una, le accompagna ed è presente: esse sanno che possono sempre contare su di lui. Averlo incontrato cambia le loro vite. Con la sua comunità cristiana cerca di seguire Gesù testimoniando il suo vangelo. In un contesto odierno segnato dalla crisi del sacro, delle grandi narrazioni della modernità e segnato dalla rimozione diffusa degli interrogativi di senso, occorre liberarsi dagli schemi preconciliari che esaltavano la figura del prete-pastore (ovvero funzionale ad una pastorale quasi esclusivamente sacramentale, fatta di convergenze emotive ed affettive con il leader, il culto dei morti, etc…) e cercare di mettere al centro l’evangelizzazione nelle periferie e ripensare la fede nel dialogo con la contemporaneità.
È colui che c’è anche se sei lontano, un sorriso che accoglie anche quando te ne stai sulla soglia. Sta sulla porta e accoglie tutti. Accoglie, perdona esorta, consola.
Dimostra con la propria vita la praticabilità del messaggio di Gesù. Aiuta a trasformare in realtà una visione. Sa accogliere anche coloro che hanno sbagliato. Uomo tra uomini e donne; fratello tra fratelli; consigliere e non giudice; semplice e discreto compagno di viaggio; combattivo contro ogni ingiustizia; amico dei più deboli; discepolo di Gesù. Persona che riconosce le proprie debolezze e perciò sa accogliere quelle delle altre e degli altri; persona che cuce i fili, i legami della comunità e li riannoda quando si sfilacciano; il ‘portinaio’ che c’è anche quando il palazzo è poco abitato, anche quando gli abitanti si allontanano o si fermano sulla soglia; sa tenere accedo il lume, come la vergine saggia; una persona che cerca e ricerca, ha dubbi come tutte e tutti, ma sa ascoltare anche il silenzio di Dio. Un fratello che mi apre la porta, che mi invita ad entrare nella casa del Padre e mi accoglie con una carezza. Sa ascoltare le molte voci della comunità e sa dare voce a chi non ha parole; sa parlare le diverse lingue che permettono di entrare nel cuore di ognuno per accompagnarlo nel giardino di Dio. Dona ricchezza, creatività e continuità, appassionando ogni donna e ogni uomo al Vangelo.
Sa richiamare anche chi da molto tempo non si vede; riesce a dare speranza anche quando non la si vede più; conforta incoraggia ma sa anche – con fermezza – richiamare alla coerenza di vita. Fa percepire la presenza di un Dio che tanto spesso non sentiamo più. Accetta tutti ponendo individualmente ciascuno davanti alle proprie responsabilità. Lento all’ira e grande nella misericordia Apre le sue braccia per accogliere, riferimento per tutti, è la forza che ti manca quando non sai che fare…è la gioia più bella del mondo.
Insegna la fede in Gesù annunciando la Parola a fedeli e non fedeli facendone scoprire il reale significato; amministra i sacramenti; conforta, esorta e illumina le coscienze. Conosce i fedeli, sa ascoltare e capire i bisogni, coinvolge, cerca i lontani avendo cura dei vicini. Punto di riferimento per la comunità e le singole famiglie. Indica di volta in volta i valori a cui ispirarsi quotidianamente, è di conforto, di ispirazione e di correzione, quando serve. È… un sorriso. Sempre!
Come saluto augurale Carmen ha rivolto a Don Omar queste parole:
Ti doniamo questi piccoli segni perché gli oggetti parlino per noi e scusaci il modo un po’ goffo … è la prima volta che accogliamo un nuovo pastore.
Un cesto: il cesto accoglie e raccoglie; però, a differenza di una scatola con coperchio, resta sempre aperto, lascia entrare e uscire, non chiude. E’ come le mani di Dio che raccolgono chi è disperso ma ci lascia liberi/e; le mani di Dio si aprono e raccolgono anche quando le nostre mani non ce la fanno.
Con l’augurio che sempre aperta e accogliente sia anche la nostra comunità.
La bandiera della pace: porta tra noi il mondo e noi nel mondo. Un mondo che vorremmo liberato dalla violenza, dalle ingiustizie, dall’egoismo, dal rancore. Un mondo che vorremmo giusto e pacificato. La bandiera è il segno della nostra speranza, che è attesa ma anche impegno, quotidiano e tenace.
I libretti di San Fermo: i libri sono solo un piccolo segno della storia della nostra comunità; piccolo perché la storia di una comunità si intreccia alla storia comune dell’umanità e perché è fatta di corpi, racconti, sguardi, parole e silenzi, presenze e assenze, vuoti e pieni e della benevolenza di Dio. Sono le nostre radici, quelle che ci permettono di essere ciò che siamo, nel bene e nel male. Abbiamo una memoria da conservare che ti doniamo e di cui ti chiediamo di far parte. Ma sono radici che non devono frenare il nostro cammino
… per questo si accompagnano a questo albero, che ha radici ma deve ancora crescere. Stanno insieme, il passato e il presente; una terra da cui le radici traggono nutrimento per continuare a germogliare, a dare foglie, fiori, frutti e poi semi per nuovi alberi. Che la Parola di Dio, la presenza del suo Spirito e l’umanità di Gesù ci accompagnino sempre nel nostro cammino insieme.