E’ NATALE, MA QUALE NATALE?
di Don Aldo
Certo, è un’affermazione scontata dire che se aspettiamo il Natale e se, passo passo, con le scadenze liturgiche ci prepariamo a celebrarlo, non è il Natale dei regali, delle luminarie, dei mercatini quello che vogliamo celebrare. Se il pensiero del Natale ci riporta a Gesù che nasce in una stalla, con sua madre che lo accoglie con amore e tenerezza, con Giuseppe che infonde fiducia con la sua vicinanza, con i pastori che con la loro venuta fanno pensare al divino e al soprannaturale, tutto questo certo alimenta sentimenti di fede e tocca la nostra emotività. Ma più che mai sento che il mistero di Gesù che nasce tra noi, essere umano piccolo e indifeso come ognuno di noi, racchiude un significato che va molto al di là della sfera del religioso dentro cui noi lo collochiamo. Quello che i racconti di Matteo e Luca ci trasmettono, va ben al di là di una serie di informazioni su “come sono andate le cose”. Essi hanno costruito la loro narrazione per dirci che quel bambino era il Figlio di Dio, era l’atteso da generazioni, come i sacri testi testimoniavano, era colui che era destinato a portare salvezza e liberazione a tutte le nazioni. E’ proprio questa testimonianza che noi non finiamo mai di accogliere con tutte le sue implicazioni. E allora che cosa ci dice questa “buona novella” che Dio è entrato nella nostra storia attraverso la nascita tra noi di Gesù di Nazareth? Mi sembra che questo, se lo accogliamo veramente è carico di conseguenze che possono cambiare di molto il nostro modo di credere. Dio non lo possiamo più considerare un’entità remota che nell’alto dei cieli regge le sorti dell’universo; Dio entra nella nostra storia per mostrarci che è essendo fedeli fino in fondo ad essa che lo ritroviamo. Nella persona dell’uomo Gesù ci ha mostrato che si realizzava al meglio la sua creazione, il suo “progetto di uomo”. Questo lo troviamo confermato proprio dal fatto che dalla meditazione sul Natale non disgiungiamo il ricordo delle parole che poi Gesù ha detto: che Dio è un Padre che ci ama, che ama tutti, anche i cattivi (non perché sono cattivi, ma perché continua a vedere in loro il destino di vita che Lui ha impresso nella loro esistenza), che predilige i piccoli e i poveri. Un Padre che Gesù ha sentito tanto affidabile da potersi fidare di Lui persino nell’angoscia di vedere la sua vita annientata dalla morte. Vivere secondo queste convinzioni è dare alla vita tutto il suo valore, è battersi contro tutto ciò che la impoverisce o la minaccia, vuol dire credere che è l’amore il modo più pieno di viverla, un amore che non fa discriminazioni. E allora la vita, rispettata nel suo valore, viene prima di ogni pratica, anche religiosa. Chi ci ha aperto gli occhi a considerarla così è stato proprio il fatto che Dio, il signore e l’origine della vita, ha voluto incarnarsi in essa. Come conclusione di questa mia riflessione voglio riportare una frase tratta da una conferenza di un grande biblista spagnolo, Juan Mateos.
Per questo il nostro culto è la vita; la presenza del nostro Dio e nella vita stessa, sta in noi e in tutto ciò che ci circonda, è un amore universale a tutto, al nostro tempo,al nostro spazio, alla nostra epoca, alla natura, al mondo che abbiamo al nostro fianco, al prossimo e a quello che è chiamato come nostro nemico.Juan Mateos
Buon Natale a tutti.