NOUR IL CREDENTE
Di Enzo Catini e Miriam Dimedio
“ nella religione vai a meditare di più la verità ,qual’è quella giusta e quale quella sbagliata. Chi va in paradiso chi all’inferno? loro vanno in paradiso o all’inferno? Noi che non mangiamo il maiale andiamo in paradiso e loro che lo mangiano vanno all’inferno ? Possibile che uno vada all’inferno perché mangia il maiale ? Io credo alla mia maniera mi faccio delle domande”
“Venire qua per me ha significato poter fare il confronto .Se io nascevo in Marocco e restavo in Marocco potevo conoscere solo l’Islam, siamo tutti musulmani e non vai a cercare altre cose. Qui giorno dopo giorno riesci a fare il confronto. Io sono nato in un paese musulmano e mi hanno fatto credere questa religione e io ci credo perché un Dio c’è che si chiami Allah, Dio o Buddha, un Dio c’è che ha creato questo universo .L’Islam dice che la religione non è come io te la do, servita su un piatto tu devi porti delle domande, fare delle ricerche, per credere su una base, non devi prenderla come verità, te la devi cercare un po’ dentro di te e nel mondo per dire a cosa credi, non ha senso credere perché te l’ha detto il prete. “
Abbiamo cercato di incontrare una persona che non avesse particolari funzioni in ambito religioso ci interessava un confronto non sull’Islam in senso teorico, ma un racconto di vita alla luce dell’esperienza del credere in un contesto religioso differente dal nostro.
Incontriamo Nour dopo lo spettacolo “INCIPIT -canto appassionato contro l’intolleranza-“ del Laboratorio Teatrale Multietnico di Dalmine diretto da Silvia Briozzo ,dove collabora come attore e gli chiediamo la disponibilità ad incontrarci per un’ intervista su come vive da musulmano nella vita di tutti I giorni. Per preparare l’intervista io ed Enzo ci siamo confrontati su che cosa avremmo domandato,su quali ambiti indagare e soprattutto su quali domande fare .Abbiamo provato a pensare mettendoci nei panni della persona intervistata, cosa ci saremmo aspettati, cosa ci sarebbe piaciuto dire della nostra fede, delle nostre pratiche di credenti . Ci siamo interrogati sui nostri pregiudizi, sulle nostre conoscenze sull’Islam e la domanda centrale sulla quale ci siamo focalizzati era un po’ questa: “ Come una scelta di fede cambia la quotidianità “
“ il mio rapporto con la preghiera ..non prego mai, ma prego sempre ! Perché non prego nella maniera dinamica rivolgendomi alla Mecca in ginocchio, io prego sempre ma è una cosa interiore dentro di me, prego in qualsiasi momento. Io corro da un posto all’altro tutto il giorno in moto e ho paura, ho 2 figli e prego Allah di salvarmi, di farmi tornare a casa salvo la sera per rivederli. Se devo chiedere un permesso, devo superare qualcosa io prego sempre, senza che per forza mi devo mettere in ginocchio perché non vedo la gestualità, non sono un credente perché faccio il gesto”
Il nostro intento era quello di fare delle domande che fossero in grado di produrre una storia un racconto che vede in gioco fede e vita in modo significativo. Volevamo utilizzare domande aperte che aiutassero la persona intervistata a descrivere ad approfondire ad articolare un esperienza come musulmano in questo contesto geografico e storico. Il nostro pregiudizio ci porta a pensare che i musulmani siano davvero come c’è scritto nei libri, pregano 5 volte al giorno, si lavano le mani prima di toccare il Corano, si mettono in ginocchio rivolti alla Mecca,il nostro immaginario si nutre anche di rigore per cui siamo portati a pensare che tutti i musulmani che vivono qui siano così ligi e rigorosi sulle pratiche religiose ma forse non è la maggioranza .
“io ricordo che appena arrivato in Italia dal Marocco, lavoravo alla Citroen e per pregare usavo un cartone pulito e a mezzogiorno quando gli altri andavano a pranzo io mi mettevo lì a pregare e loro dietro le porte a ridere come matti…, poi verso le tre dovevo chiedere al capo se mi permetteva di farlo e la risposta dipendeva dal suo umore. Diventava davvero ingestibile dover fare le mie preghiere. Eri già un “diverso “, ti faceva sentire ancora “ più diverso “ e in più morivo di solitudine perché la prima cosa che ti capita quando arrivi qua è essere solo( in Marocco ero qualcuno qui mi sentivo nessuno). Arrivavo la sera a casa e oltre a dover preparare da mangiare, pulire casa ,avevo anche la preghiera da fare se non riuscivo mi si accumulava per il giorno dopo e l’indomani invece che 5 erano 10 preghiere da fare, perché devi sempre recuperare ,allora ad un certo punto mi sono detto: – io in Dio ci credo, c’è un Dio, c’è un Creatore di questo universo, ma se mi vuole come credente mi lasci ancora accertarmi perché la fase di accertamento è una fase di credo, considerato che tu stai credendo in quel momento lì, perché tu lo stai cercando. Io voglio essere convinto, magari ci impiego tutta la vita, magari quando sono in pensione posso fare tutto quello che voglio anch’io, ho il tempo per farlo. “
Avevamo voglia di capire se c’era davvero tutta questa differenza tra il credere di religioni diverse e seppure le pratiche e le ritualità paiono tanto differenti, se non vi sia nella sostanza della fede , una sorta di somiglianza.
“Adesso potendo fare il confronto, ho tanti dubbi ma è meglio essere cristiano o musulmano ? È meglio un cristiano o un buddista? Ma qual’è meglio? Oppure è meglio non credere a nessuno? La ricerca di credere ma non tanto sul fatto che ci sia o meno un Dio quello lo credo ma è la maniera con la quale devo ripagare questo Dio. Io voglio credere non perché mi ha insegnato mio padre , non perché mi ha mandato 4 anni alla scuola coranica a leggere a memoria il Corano. “
Nour ci ha risposto subito dandoci la piena disponibilità all’incontro, ci ha invitato a casa sua dove ci ha accolto con molto calore insieme alla sua famiglia e ci ha offerto da bere un ottimo the marocchino. Ci siamo sentiti subito a nostro agio e non abbiamo fatto fatica ad iniziare ad ascoltare i suoi racconti davvero interessanti ed utili per partecipare alle sue credenze religiose e per interrogarci nel medesimo tempo,sulle nostre. Crediamo che in tutte le religioni si trovino luce e tenebre, ogni religione rappresenta una pienezza grazie alla quale gli uomini vivono, anche se con il passare del tempo ciò che una volta era valido per gli antenati può non essere più sufficiente per le generazioni successive.
“ La gestualità secondo me è una cosa che dà una certa sacralità alla cosa e la rende tuttavia anche complicata per le persone ,come ad esempio il fatto che bisogna toccare il Corano con la mano destra, ma io sono mancino se devo scrivere il Corano come faccio a scriverlo ? Sono mancino ! Il mancino nella nostra cultura era anche il maledetto, mia mamma mi picchiava per farmi scrivere con la mano destra, ma mi picchiava con la sinistra perché era mancina anche lei senza saperlo dato che è analfabeta. Ma sì ci sarà il musulmano ligio che appena chiama il muezzin si mette in ginocchio rivolto alla Mecca, si lava e fa tutte le pratiche richieste, ma poi il resto della giornata lo passa a sparlare degli altri perché sono quasi tutti pensionati questi che pregano così tanto, perché ci vuole anche del tempo per compiere questi riti, se uno lavora è molto difficile”
Oggi riteniamo molto importante per la vita religiosa che le religioni s’incontrino, si conoscano e raggiungano se possibile una mutua fecondazione. Questo incontro è importante non solo ad alti livelli ma per ciascuno di noi, non nasciamo già adulti la vita ci fa crescere, sviluppare ed ognuno di noi è importante raggiunga il suo pieno potenziale. Nel nostro mondo globale è difficile pensare ad ogni religione come autosufficiente, ognuna ha bisogno di un impulso esterno dalle altre che l’aiuti a scavare nel proprio nucleo e ad adeguarsi ai tempi . L’abbiamo un po’ sperimentato nel nostro piccolo gesto di fare delle domande ad un musulmano, a Nour quanto sia stato fecondo per noi ,per il nostro credo ,per la nostra pratica l’interrogarsi su quello che dicono innanzitutto a noi le parole , i racconti ,la storia di Nour e della sua fede in ricerca. Abbiamo aperto con l’affermazione di Nour di quanto fosse stato importante per lui per la sua fede aver potuto fare un confronto, farsi ancora oggi delle domande, essere in ricerca grazie alla pluralità. A ciascuno di noi è data oggi questa grande opportunità nelle nostre città abitate sempre più da migranti. Il nostro augurio più sincero sia quello di approfittare di questa risorsa per la nostra crescita come uomini e donne e come credenti. Incontrare Nour è stato piacevole e sorprendente. Ci chiediamo quanto sia rappresentativo dei musulmani che hanno fede .Certamente è lontano da atteggiamenti integralisti e questo ci rende contenti e speranzosi circa una contaminazione tra le diverse fedi religiose. Ma è lontano anche da una pratica musulmana rigorosa. Nour è da 25 anni in Italia sposato con una ragazza italiana non di fede musulmana ha 2 figli nati in Italia è mediatore culturale. Una storia che lo rende un musulmano ben integrato , dalla mentalità aperta e disponibile al dialogo, che sicuramente troverebbe contrasti nel suo stesso mondo musulmano. Ma sono proprio le persone come Nour che ci fanno sperare.