Sull’Eucarestia
Di Silvio Pacati
“Allora, ecco un angelo lo toccò e gli disse: “Alzati e mangia!”. Egli guardò e vide vicino alla sua testa una focaccia cotta su pietre roventi e un orcio d’acqua. Mangiò e bevve, quindi tornò a coricarsi. Venne
di nuovo l’angelo del Signore, lo toccò e gli disse: “Su mangia, perché è troppo lungo per te il cammino”. Si alzò, mangiò e bevve. Con la forza datagli da quel cibo, camminò per
quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio, l’Oreb.”
(I Re 19,5-8)
Da ragazzino sono stato abituato a considerare il “fare la comunione” come un regalo che Gesù faceva a chi era stato buono, a chi aveva reso pulita la sua anima mediante la confessione, a chi aveva il cuore sufficientemente puro da poter essere considerato una dimora degna del Salvatore.
Non che la cosa non sia vera o non sia bella, ma già da allora mi appariva poco convincente quell’elenco standardizzato di tiepidi peccatucci elencati al sacerdote, quella confessione un pò meccanica, che, sulla base di quanto mi veniva detto, mi rendeva pronto a ricevere il “corpo di Cristo” nel mio cuore. “Beati i puri di cuore, perchè vedranno Dio” (Mt 5,8) ci conferma Gesù nel discorso sul monte, ma ognuno di noi conosce quanta distanza ci sia tra la realtà del nostro cuore e questo asserzione di beatitudine.
E’ vero che a volte il nostro cuore è capace di slanci che ci sorprendono, è vero che sovente conserva in sè la nostalgia della purezza e si scalda di buone intenzioni, ma è anche vero che spesso prende sentieri che ci spaventano, e superbia, accidia, lussuria, ira, gola, invidia, avarizia prendono il sopravvento su quella carità che “… è paziente, è benigna .., non è invidiosa…, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia, ma si compiace della verità. ” (I Corinti 13,4-7), su quell’amore che percepiamo essere la vera strada per un cuore puro, per una effettiva pace interiore. Poi c’è stato l’incontro con la storia di Elia: Alzati e mangia perchè troppo lungo è per te il cammino.
Ecco un’immagine che trovava spazio convincente nel mio cuore, parole di comprensione, di incoraggiamento e di soccorso concreto. Nell’eucarestia Gesù mette a nostra disposizione la sua totale adesione al Padre, la cura che ha per noi, “Coraggio, sono io, non abbiate paura” (Mt 14, 27), la sua sollecitudine per il nostro cammino,”… io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”(Mt 28, 20), la sua gioia per i nostri progressi, la sua tristezza per la nostra debolezza “Allora Gesù, fissatolo, lo amò … ” (Mc 10, 21) e l’incoraggiamento radicale a sostegno della nostra fragilità “… tutto è possibile presso Dio” (Mc 10,27).
E allora, anche se per noi è troppo lungo il cammino, con quel pane e quel vino è Gesù che diventa presente in noi, è lui che ci tiene per mano e ci accompagna, è lui che ci dà vigore perchè con la forza di quel cibo e di quella bevanda possiamo camminare per quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio, l’Oreb. Allora l’eucarestia diventa cibo che dà forza quando siamo affaticati, che ci rialza quando cadiamo, fiducia quando temiamo di non farcela. Gesù non teme la tristezza, la poca luce, magari la scarsa pulizia del nostro cuore, perchè lui è venuto per dare fiducia ai peccatori e per guarire i malati. Chi ha la fortuna di camminare con lui ha già come compagne di viaggio la pace e la gioia; è chi fa più fatica che ha più bisogno della sua presenza e della forza che viene da Lui.