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ALBRECHT ARTDORFER, La santa notte, (cm 36X25), Berlino, Dahlem
Pittore, calcografo, incisore, scultore e architetto – come altri artisti del suo tempo – Albrecht Artdorfer nasce nel 1480 da padre miniatore residente a Regensburg (Ratisbona), città della Baviera tedesca. Dopo un’infanzia poverissima all’ombra del padre, Albrecht già nel 1513 è pittore affermato e occupa cariche abbastanza importanti nell’ambito del governo cittadino. E’ nominato Architetto della Città e dipinge l’opera sua più famosa: la Battaglia di Alessandro e Dario a Isso (Monaco, Alte Pinakothek) che ricorda per grandiosità e suggestione i cosmici sfondi di Leonardo. Negli anni Venti, mentre scoppia la Riforma, Altdorfer dipinge rappresentazioni religiose e profane con una visione nordica e profondamente anticlassica nell’ambito di quella rinascenza tedesca che ha in Albrecht Durer il suo rappresentante principale. Muore nel 1538 nella sua città natale, dopo essere stato in Austria alla corte dell’imperatore Massimiliano come ambasciatore.
Commento all’opera
Il plenilunio incombe sulla scena evangelica della natività. Ma la luna che compare a sinistra in alto è più un pianeta che un astro, più corpo luminoso extraterrestre che stella cometa. La luminosità un poco stralunata mette in evidenza la profonda decadenza dell’architettura che appare totalmente in rovina, come se fosse appena passato un cataclisma, un sisma che ha lasciato squarci di rovine, muri sbrecciati, soppalchi divelti, tristi cespugli di vegetazione investiti dalla furia degli elementi. Il cielo appare scuro di presagi ma due altre fonti luminose emergono dal fondo, come a contrastare l’intensità dell’oscurità: tre angeli sfilano nastri e porgono fasce e bende alla natività che è posta nell’antro della casa diroccata. L’atteggiamento degli angeli sembra suggerire la volontà di lenire le ferite, o riparare il neonato dal freddo della notte rigida. L’altro squarcio luminoso a sinistra mostra al suo interno la silouette di un altro angelo, forse l’annunciatore ai pastori. Dunque l’ambientazione della Nascita non ha nulla di lezioso, non presenta un paesaggio bucolico popolato di pastori dormienti e di villaggi sereni, nella dolcezza dell’attesa. Il dramma è già avvenuto, forse la guerra è già passata di lì con la sua cruenta mano di morte e distruzione. Tuttavia in un sottoscala a destra in basso tre piccoli angeli sorreggono una copertina in cui è deposto un piccolo bambino. Tutti sono invasi dalla luce che promana proprio dal neonato, mentre la madre Maria in ginocchio incrocia le braccia sul petto come a raffigurare il simbolo della croce della passione. Dietro le sue spalle un vecchissimo San Giuseppe protende una mano come a proteggere la sua famigliola mentre fa capolino dietro le spalle la fisionomia di un asino. A destra, dentro una stalla diroccata, sta beatamente un bue che rumina davanti a una mangiatoia. La scena principale non è posta al centro del quadro, come in molte altre opere rinascimentali, ma è defilata e la presenza umana è solo un particolare in più rispetto alla brutalità della rovina che è fatta di mattoni affumicati e diroccati, di travi divelte, di tetti squarciati, di finestre squadrate che fanno intravedere paesaggi non certamente pacificati. Perfino il prato ricco di erbe, in primo piano, sembra essere stato inciso e graffiato dal gelo e dalla brina, con piccoli tocchi che ricordano l’arte incisoria. Mentre Altdorfer dipingeva questa scena, è bene ricordare che in Italia Raffaello stava compiendo le Stanze Vaticane e Michelangelo la volta della Cappella Sistina. Ma il pittore tedesco non ebbe mai sentore di questi illustri maestri e non è documentato alcun suo viaggio in Italia. La sua posizione, storica e artistica, ne era troppo lontana, tra influssi nordici e riforma protestante. La sua opera è più vicina a quella schiera di artefici miniaturisti che, sensibili all’influsso della linea incisa, accentuano la rappresentazione naturalistica con particolari minuti ed effetti luministici. Nella “Santa Notte” di Altdorfer l’uomo è solo parte di qualcosa che è ordinato al di sopra di lui. Non è tanto la nascita del Cristo che l’artista vuole rappresentare, quanto il miracolo che avviene. Tra le rovine “una luce è sorta” come recita il Salmo. Una luce misteriosa che è capace di una nuova redenzione del genere umano.